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Servizio civile, tutta la bellezza di un anno in Tanzania

Servizio civile, tutta la bellezza di un anno in Tanzania

19 Ottobre 2023

Nell’ultimo anno sono state le colonne del Servizio Civile Universale in Tanzania per Comunità Solidali nel Mondo. Dodici giovani che hanno intensamente vissuto i loro 12 mesi di servizio civile entrando in relazione con le comunità locali, dando e ricevendo attenzione e cura, in particolare dalle tante donne e dai tanti bambini incontrati. Ragazzi e ragazze provenienti dall’Italia che in Italia hanno ora riportato la freschezza e la profondità di un’esperienza da ricordare. E indelebile è e rimarrà il sentimento di ringraziamento che Comunità Solidali nel Mondo esprime a ciascuno di loro: un anno bello ma anche faticoso, difficile ma anche sfidante, in cui tutti insieme ci hanno trasmesso la bellezza dell’essere gruppo, con quella coesione e collaborazione che ha caratterizzato la loro permanenza in Tanzania.

I 12 volontari (dieci ragazze e due ragazzi) hanno svolto il loro servizio dal settembre 2022 al settembre 2023, trascorrendo la gran parte del tempo in tre diverse sedi tanzaniane, abbracciando così idealmente l’intero paese, dalla costa all’interno, dal mare alla montagna, dalla città ai villaggi rurali, con uno spirito unitario, al servizio della causa comune.

A Wanging’ombe

Il piccolo villaggio di Wanging’ombe è stato teatro del servizio di Sonia Blandizzi, Marta D’Ascanio, Elisa Pedrazzi e Maria Teresa Vicari. Un’esperienza incentrata su un progetto riguardante disabilità e lotta alla malnutrizione che con una metodologia di intervento su base comunitaria, all’interno del programma di cooperazione Inuka, ha portato nel Centro di riabilitazione tanti piccoli pazienti accompagnati dalle loro mamme. Un contesto che ha permesso – sottolinea Marta – di “stringere relazioni, confrontarmi e scoprire giorno dopo giorno la bellezza di una realtà completamente distante da quella a cui ero abituata”. Ci racconta Elisa: “Sono arrivata in una terra che fino a quel momento avevo solo immaginato e ho iniziato a mischiarmi con essa: mi sentivo diversa ma è bastato poco per riuscire a creare delle sfumature nuove e capire che potevo fare esattamente quello che facevano loro, senza alcuna differenza”. “In fondo – dice – sei solo un granello di sabbia e spesso non potrai fare la differenza, ma quando sono arrivata nella strada di Wanging’ombe ho iniziato a capire che ogni pezzettino, ogni particella di quel posto era importante perché lo costituiva e lo rendeva unico. In Italia spesso le persone ti scansano o cercano di rimuoverti, mentre in Africa ti puoi sentire parte di una comunità, perché la terra e il contatto con essa è intrinseco nelle persone e fa parte della loro cultura. Mi sono sentita piccola, un granello che poteva solo stare con gli altri ed osservare il loro modo di essere e questo a volte mi ha affascinata, a volte mi ha frustrata, ma è tutto parte di quel luogo”.

A Mbeya

A Mbeya, una città di 250 mila abitanti circondata dai monti a 1700 metri di altitudine, Giorgia Ferrami, Sabrina Leonardi, Ilaria Mazzuca e Andrea Pilia sono stati impegnati nell’ambito del programma di cooperazione “Simama”, anch’esso a favore di bambini e adolescenti con disabilità. Tante persone e tante storie: “Vedere un ragazzo adolescente come Prosper, sempre sorridente, poter finalmente camminare meglio grazie al suo nuovo bastone, o vedere il piccolo Danieli iniziare finalmente a camminare da solo e poter andare a scuola in autonomia con il suo nuovo ausilio: queste piccole o grandi esperienze sono quelle che poi rimangono nel bagaglio del servizio civile”, dice Andrea.

“Quando sono arrivata in Tanzania – ci racconta Giorgia – mi sono subito resa conto che sarei stata molto di più io a ricevere rispetto a quello che avrei dato: è una cosa che capisci subito in quanto lì ogni cosa è un’esperienza, ogni cosa è stupore, ogni cosa è curiosità. Ho guardato tutto cercando di imparare più cose possibili. Anche se delle volte ti trovi davanti a determinati fatti che non puoi controllare e che sono più grandi di te, far parte della grande macchina di Simama basta già per sentirti parte di tutta la comunità e andare avanti. Grazie al servizio civile – continua – ho potuto godere di questa emozione, di questa gioia enorme che ti ricorda cosa fai ogni giorno, perché sei lì e come tutto si muove: alla fine a me è bastato sapere di fare parte di tutto questo, insieme a tutti gli operatori che non smettono di fermarsi per supportare tutti i bambini con disabilità”.

“C’è stata una bambina – confida invece Ilaria – che mi ha rubato il cuore: si chiama Believe, ha 3 anni e quando l’ho conosciuta gattonava solo e veniva spesso a fare gli esercizi al centro. Non le piaceva molto farli, e diceva solo poche paroline. Con il tempo ha iniziato a migliorare, aveva imparato anche il mio nome e mi chiamava continuamente. La soddisfazione più grande è stata vederla muovere i primi passi da sola senza nessun sostegno: ne faceva pochi, poi si stancava, ma non voleva più farsi portare dietro la schiena della mamma. Era soddisfatta di stare in piedi da sola, di camminare, di cadere e continuare a provarci, nonostante fosse stanca. Il suo traguardo – continua Ilaria – è stato non solo suo, ma di tutti; della mamma, delle operatrici, di tutte le altre mamme che la conoscevano. Il senso di comunità è così grande lì che il successo di una persona diventa il successo di tutti. La positività che hanno la vedi ogni volta che chiedi alla mamma se il bambino cammina: non rispondono mai “No”, rispondono “Bado” (Non ancora), perché prima o poi ce la farà, la speranza non si perde mai. Quando ho visto lei e i suoi risultati, ho pensato che la forza che hanno i bambini non ce l’ha nessuno. Believe significa crederci e lei ci ha creduto, come tutti noi”.

A Dar es Salaam

Sulla costa dell’Oceano Indiano davanti a Zanzibar, nella capitale economica della Tanzania, Dar es Salaam, hanno vissuto il loro servizio civile Luca Della Longa, Giovanna Di Riso, Lisa Fiacchini ed Elisa Zandaval. La loro esperienza, nel popoloso quartiere periferico di Kawe, è ruotata intorno al Centro di Riabilitazione “Kila Siku”, che nell’ambito dell’omonimo programma contribuisce, a partire da una riabilitazione medico-sanitaria, a migliorare le condizioni di vita di bambini e bambine con disabilità e delle loro famiglie, limitandone l’esclusione sociale. “Mi ha motivato – riassume Luca – la possibilità di mettermi a disposizione, attraverso ciò che sono e faccio, ma anche l’imprevedibilità delle situazioni, che mi portano a provare strategie e attività sempre nuove. Non è facile in ogni situazione mettersi in discussione e adattarsi al nuovo e al diverso, ma è estremamente stimolante, sfidante e gratificante”. Rimane così, dice Elisa, “la bellezza, l’essenzialità e l’importanza delle piccole cose fatte di gesti, parole e sorrisi delle persone locali, in primis delle mamme e dei bimbi che frequentano il centro”. E Lisa rimarca “il creare legami sempre più intimi con i colleghi, le famiglie e i bambini, con la speranza di riuscire a lasciare qualcosa. Sentirmi parte di quella realtà così diversa dalla mia è la sensazione più bella che quelle persone e quel progetto mi potevano far provare. Ero alla ricerca di questo e l’ho trovato”.

Grazie ragazze e ragazzi per essere stati parte della grande famiglia di Comunità Solidali nel Mondo.

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