CBR, il nostro modo di essere
E’ l’approccio che abbiamo scelto e che caratterizza l’intero nostro operare. E’ una dichiarazione di intenti e al tempo stesso un dato di fatto, perché siamo certi che questo è il modo migliore per fare cooperazione allo sviluppo e farlo in modo specifico nel campo della disabilità e dei diritti di ogni persona. Non un rapporto dall’alto in basso, organizzato secondo una volontà gerarchica, ma un’attività che innesca processi di sviluppo per una comunità intera, che promuove la riabilitazione e lo fa coinvolgendo le stesse persone con disabilità, i loro familiari e la comunità tutta.
La Riabilitazione su Base Comunitaria (che è resa dall’acronimo CBR, Community Based Rehabilitation) è una strategia attuabile nell’ambito dei processi di sviluppo di una comunità, definita a livello internazionale fin dagli scorsi decenni. Si prefigge di organizzare la riabilitazione (e quindi i servizi sanitari, ma anche educativi, professionali, sociali) in modo da valorizzare il ruolo delle persone con disabilità, dei loro familiari e caregiver e di tutta la comunità, che diventano protagonisti dell’attività con l’obiettivo di garantire l’uguaglianza delle opportunità e l’integrazione sociale di tutte le persone con disabilità. E’ la promozione di un modello sociale della disabilità, che non si esaurisce nel rapporto fra soggetto e sanitario (medico, terapista, ecc.) ma contempla il coinvolgimento di tutta la comunità: del resto, la condizione delle persone con disabilità è legata ovunque al rispetto dei diritti umani, e quindi chiama in causa l’azione della comunità, per garantire una piena inclusione sotto molteplici aspetti: sanitario, educativo, sociale, oltre che di sostentamento e di empowerment.
La CBR è vissuta come fondamentale cornice di tutte le attività sviluppate da Comunità Solidali nel Mondo. Un approccio che si avvale della collaborazione di familiari, amici, operatori e dell’intera comunità per emancipare la persona con disabilità e accrescerne l’autonomia personale e che è – lo vediamo nel concreto – particolarmente efficace in Tanzania, dove l’accesso alle cure non è sempre garantito e rischia di condurre alla progressiva e inesorabile emarginazione della persona con disabilità.
Una storia che a Wanging’ombe, dove è attivo il Centro di riabilitazione Inuka, ha una storia ormai ultradecennale: un periodo ricco di esperienze e di volti che ci hanno permesso di vedere con mano che…
- la CBR è SOLIDARIETA’ perché laddove necessario la comunità si fa carico del sostentamento economico delle famiglie che non riescono a garantire alle persone con disabilità l’accesso ai loro diritti;
- la CBR è INCLUSIONE LAVORATIVA perché favorisce il potenziamento delle capacità delle persone con disabilità e la loro inclusione e partecipazione in tutti i processi di sviluppo, compreso l’ambito lavorativo;
- la CBR è INCLUSIONE SCOLASTICA perché lavora per rendere concrete le normative che prescrivono che tutte le persone con disabilità abbiano gli stessi diritti all’istruzione e alla formazione, in contesti inclusivi;
- la CBR è SVILUPPO DI COMPETENZE attraverso programmi di microcredito: tramite essi soprattutto le mamme di bambini con disabilità (spesso sole perché abbandonate dai mariti e lasciate sole nella cura familiare) hanno modo di apprendere una competenza professionale che generi nei mercati locali quei guadagni sufficienti a renderle autonome nel sostentamento e nelle cure al proprio bambino;
- la CBR è ASSISTENZA DOMICILIARE perché porta le cure anche a quei bambini con disabilità e a quelle famiglie che non possono permettersi di raggiungere gli ospedali e pagare le cure: sono minori che vivono spesso in villaggi difficilmente raggiungibili e isolati, che non avrebbero altrimenti alcuna possibilità di essere seguiti.
La CBR ci racconta tantissime storie: quella di Mariam, mamma di due gemellini di 4 anni con paralisi celebrale infantile, epilessia e malnutrizione, per i quali la comunità di Inuka ha ritenuto opportuno attingere al fondo di donazioni destinate alle famiglie in difficoltà per poter fornire cure immediate e adeguate; la storia di Aloise, ragazzo disabile in seguito ad un incidente sul lavoro, che da oltre 10 anni è un dipendente di Inuka, addetto fra le altre alla mansione di preparare la colazione ai neonati e bambini che ricevono le cure del Centro; la storia della mamma di Alexi, che riesce a sostenere le cure del proprio figlio grazie alla vendita di vestiti tradizionali tanzaniani, che ha imparato a realizzare con i Kitenge (stoffe locali) nell’ambito delle attività di artigianato solidale; la storia di Samueli e della sua mamma, che ogni settimana vengono raggiunti dai terapisti del Centro per garantire al piccolo quelle terapie riabilitative che altrimenti non potrebbe avere; la storia delle tante mamme e dei tanti bimbi accolti dall’ostello Inuka che accoglie i piccoli pazienti (con le loro mamme) che devono effettuare un ciclo continuo di terapie (tendenzialmente di 7-10 giorni) e che abitano troppo lontano per poter andare e tornare in giornata (ve lo abbiamo raccontato qui).
Storie che diventano sempre di più ogni anno che passa: dalla sua inaugurazione ufficiale nel 2011, l’Inuka rehabilitation Hospital di Wanging’ombe ha accolto e offerto terapie riabilitative a oltre 6.000 bambini, con una trasmissione delle competenze dai terapisti ai caregivers per fare in modo che essi possano continuare gli esercizi di riabilitazione in maniera autonoma anche nelle loro case, garantendo una costanza nel trattamento e una maggiore consapevolezza nella gestione quotidiana del bambino con disabilità.
Un’azione preziosa alla quale tutti possiamo dare una mano: DONA ORA il tuo contributo per aiutare i bambini con disabilità in Tanzania a vivere la loro vita come parte integrante della loro comunità.