La Cina in Africa: riflessioni di una giovane studentessa
Nell’estate 2017, durante un giro al mercato di Makambako – vicino al villaggio orfani Tumaini dove Comunità Solidali nel Mondo manda i propri volontari ogni anno – notai che su tutte le etichette emergeva quel “made in China” di cui ovunque nel mondo si riempiono oggi i banchi dei negozi. Come si sente spesso dire, infatti, la Repubblica Popolare Cinese sta scommettendo sull’Africa. La cooperazione tra i due soggetti ha origini antiche, e risale all’epoca dell’impero cinese. Le prime relazioni diplomatiche erano guidate dal desiderio di creare un’alleanza tra la Cina e paesi africani, tutti mire dell’espansione coloniale europea. Con un’intensificazione dopo la metà del XX secolo la diplomazia sino-africana si sviluppò intorno ai principi di coesistenza pacifica cinesi, tra i quali figurava l’intenzione di non interferire negli affari interni dei paesi amici. Successivamente, da semplici alleanze diplomatiche la cooperazione tra i paesi africani e la repubblica popolare cinese si estese e si rafforzò con la costruzione della ferrovia Tazara (Tanzania-Zambia Railway), nota come uno dei più importanti progetti infrastrutturali mai realizzati in Africa. Questa, sviluppata tra il 1964 e il 1976 collega le miniere di rame dello Zambia con il porto Tanzaniano di Dar Es Salaam. Il mercato di Makambako, si sviluppa intorno all’omonima stazione della suddetta ferrovia.
Il progetto della Tazara e più in generale la cooperazione sino-africana sono da sempre importanti per l’immagine della Cina nel mondo. Il Focac (Forum on China-Africa Cooperation) istituito nel 2000 ne è un esempio. Questo evento, che si ripete con cadenza triennale, ha lo scopo di rafforzare le relazioni economiche, politiche e diplomatiche tra la Cina e i paesi africani. Riecheggiano infatti in questa sede i principi di cooperazione sopra citati, ma anche temi di win-win cooperation (una situazione in cui entrambe le parti hanno benefici), Beijing consensus (per contrasto al Washington consensus imposto dalle grandi istituzioni finanziarie aventi sede nella capitale statunitense) e cooperazione sud-sud.
La nuova politica della Belt and Road Initiative risponde a tutti questi principi. Di questa strategia di sviluppo, che comprende costruzione di innumerevoli progetti infrastrutturali, investimenti nell’educazione e progetti sanitari dei paesi membri, beneficia anche la Tanzania. Tra le infrastrutture cinesi nel paese rientra anche il mai realizzato porto di Bagamoyo, pochi km a nord di Dar es Salaam. L’intenzione cinese, al momento del finanziamento del progetto era di realizzare il più grande porto della costa Orientale Africana, di prolungare la Tazara fino a Bagamoyo e di costruire una Zona Economica Speciale nel villaggio. Il progetto avrebbe consentito alle merci cinesi di raggiungere più facilmente i mercati dell’Africa Sub-sahariana e a Pechino di beneficiare dell’abbondanza di risorse della regione. Tuttavia, il nuovo presidente della Tanzania nel 2016 si oppose alla realizzazione del porto per timore che il paese diventasse una neo-colonia cinese. Egli dichiarò e dichiara tutt’ora che consentirà alla Cina di procedere con i loro investimenti a Bagamoyo solo dopo una ricontrattazione dei termini dell’accordo.
Col progetto Bagamoyo e molti altri, la Cina sta operando in Africa ma anche su più larga scala (si potrebbe dire pressoché globale) con la Belt and Road Initiative, che le consentirà di acquisire una posizione geopolitica importante nella guida dello sviluppo dei paesi del terzo mondo. Tuttavia, numerose sono le perplessità. Gli occidentali temono che si tratti di una moderna forma di colonialismo, finalizzata a migliorare la posizione geopolitica cinese a confronto con l’Occidente. La Cina la presenta invece come un’opportunità unica di sviluppo e di miglioramento per le condizioni di vita della popolazione mondiale. Gli africani sembrano guardare positivamente alla “mano amica” cinese che porta infrastrutture ed investimenti ai paesi, nonché miglioramenti delle condizioni di vita della popolazione. La costruzione di porti lungo la costa africana orientale e l’apertura di numerosi istituti Confucio in molti paesi dell’Africa Sub Sahariana sono un esempio di queste opportunità. Tuttavia, solo il tempo potrà dirci se la presenza della Cina in Africa porterà più benefici a Pechino o alle persone in Africa.
di Chiara Azzarelli