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“Chukuana”, pensieri e immagini: i tre giorni che abbiamo vissuto insieme

“Chukuana”, pensieri e immagini: i tre giorni che abbiamo vissuto insieme

6 Ottobre 2023

ROMA – Il ricordo del passato, l’analisi del presente, lo sguardo verso il futuro. Con il messaggio di fondo che vale davvero la pena, e conviene a tutti, “aiutarsi reciprocamente” (“chukuana”, in lingua swahili). La tre giorni di iniziative (“Chukuana – Decolonizzare davvero”) voluta a Roma da Comunità Solidali nel Mondo per riflettere sulla decolonizzazione e comprendere il futuro della cooperazione internazionale e della presenza delle ong nelle terre dell’Africa, dell’America del Sud e dell’Asia, lascia sul tavolo tante considerazioni e la consapevolezza di quanto sia necessario proseguire nel difficile lavoro di relazione stretta con le comunità dei paesi nelle quali si sviluppano i programmi di cooperazione. La riflessione sulle disuguaglianze mondiali e sul fenomeno migratorio, gli interventi di accademici, giornalisti e rappresentanti della società civile, le fotografie di Marco Palombi con le loro calde atmosfere africane, le domande e le considerazioni dei giovani diciottenni intervenuti hanno caratterizzato i tre giorni, dal 27 al 29 settembre 2023, ospitati nella Capitale alla Casa del Municipio I Roma Centro. 

La mostra fotografica: immagini di una comunità

Sui muri i pannelli con gli scatti scelti da Marco Palombi fra quelli raccolti nel suo viaggio in Tanzania insieme a Comunità Solidali nel Mondo: soprattutto foto di donne che faticano, che si prendono cura e che sorridono. “Sono entrato in molte case – ha raccontato il fotoreporter – e ho visto la forza delle donne, mai la rassegnazione. Sono entrato in punta di piedi in contesti difficili dove fotografare era spesso fuori luogo. Ho domandato il permesso di farlo, perché anche così si pratica la decolonizzazione. Ho visto e ascoltato persone che fanno fatica a dare un pasto al giorno ai propri figli. Lì è fortissimo il senso di comunità, lo stare insieme nelle difficoltà, aiutarsi sempre: ho assistito davvero all’aiutarsi reciprocamente”. La mostra fotografica, che dopo i tre giorni di Roma è ora visitabile in forma virtuale sul sito e sulla app di Izy.Travel, ha rappresentato il filo comune dell’evento e ha anche contribuito  ad una raccolta fondi per le iniziative di ComSol (attraverso la vendita delle immagini montate su pannelli forex da 5mm, formato 50×70cm, stampa a colori su PVC adesivo laminato lucido applicato). 

Una bussola per il futuro: gli incontri con i giovani

Sugli scatti si sono soffermati anche gli studenti e le studentesse che hanno animato gli incontri mattutini di giovedì 28 e venerdì 29: presenti le classi V dell’Istituto di Istruzione Superiore “M. Amari – P. Mercuri” di Ciampino (Liceo Artistico e Istituto Tecnico settore Economico e settore Tecnologico). I ragazzi e le ragazze hanno ascoltato le parole di Marco Palombi, il racconto dei viaggi e del dietro le quinte, lo spirito con il quale ci si muove in contesti diversi, e anche con l’aiuto dei giornalisti Chiara Nardinocchi e Carlo Ciavoni (la Repubblica) si sono soffermati sulle cause della disuguaglianza mondiale, sulle responsabilità storiche e attuali dell’Europa e su quelle degli attuali governi africani.

Si è ricordato che occorre da un lato prendere consapevolezza del fatto che esiste un movimento in tutta l’Africa che vede i giovani protagonisti e che reclama autonomia e indipendenza, e dall’altro lato che il problema non è solamente quello del malgoverno e della malagestione (che pure è presente ed attanaglia molti paesi africani, guidati da élites che non si sono dimostrate in grado di operare per il bene dei propri popoli) ma anche quello dei meccanismi che governano l’intero sistema internazionale, ad iniziare dagli organismi sovranazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale) e dai criteri che governano le loro scelte.

“Per rendere più umana la convivenza fra gli Stati e quindi fra i popoli – ha detto Ciavoni – è necessario trasformare le regole che determinano lo stato di cose, odioso e insopportabile, che osserviamo nel mondo: disuguaglianze rispetto alle quali il rischio è quello di assuefarsi, come se fossero inevitabili. Deve essere viva in noi – ha esortato – la consapevolezza che, ad esempio, le regole del commercio internazionale sotto l’egida del Wto (Organizzazione mondiale del commercio) concorrono a perpetuare la situazione esistente, mantenendo intere aree del pianeta sotto un dominio di fatto post-coloniale”. “Le soluzioni ai problemi che stiamo affrontando sono sempre complesse – ha puntualizzato ai ragazzi il presidente di ComSol, Michelangelo Chiurchiù – e non esistono soluzioni facili: bisogna diffidare da chi le presenta così e studiare molto per trovarle e individuarle”.

I giovani presenti si sono potuti confrontare in diretta video anche con i cooperanti di Comunità Solidali nel Mondo presenti in Tanzania. Lo stile di vita, il rapporto con la comunità locale e l’importanza della relazione paritaria, le caratteristiche del servizio svolto, le motivazioni di fondo che hanno portato alla scelta personale di diventare cooperante, l’opportunità per tutti i ragazzi fra 18 e 28 anni di vivere l’esperienza del Servizio Civile Universale (anche all’estero), questi i tanti ingredienti del loro confronto diretto.

La riflessione teorica e pratica su colonialismo e decolonizzazione

Concentrata nei due appuntamenti pomeridiani (l’inaugurazione della mostra mercoledì 27 e il workshop giovedì 28) la riflessione teorica e pratica sull’esperienza coloniale e sulla ancor oggi necessaria decolonizzazione, per una cooperazione allo sviluppo che sappia porsi su un piano paritario con le comunità locali. 

“La colonizzazione intesa come conquista di un territorio – ha fatto notare Giovanni Ruocco, professore associato di Pensiero politico all’Università ‘La Sapienza’ di Roma – è un gesto molto umano: le persone si spostano da sempre e cercano luoghi dove poter vivere meglio. La colonizzazione del periodo moderno, che deve molto del suo successo alla tecnologia, ha aggiunto a ciò un elemento ideologico di superiorità, dispiegandosi intorno all’esercizio di un potere che è diventato dominio. Il colonialismo, in questo senso, è proseguito anche dopo la dichiarazione di indipendenza delle nazioni africane, perpetuando le stesse regole e la stessa logica che aveva caratterizzato il periodo precedente. Come si rompe questo meccanismo? Misurandosi con gli altri, instaurando relazioni paritarie. Le politiche di aiuto e di cooperazione – ha sostenuto Ruocco – non usciranno dalla mentalità coloniale se non cambiando questo approccio. Come operatori della cooperazione internazionale non è possibile ignorare o negare la propria posizione di privilegio, così come non è utile vergognarsi, ma occorre insistere agendo sulla realtà concreta a partire dalla relazione paritaria con le comunità locali. Questo – ha concluso – ha un valore dirompente”. 

Nel workshop di giovedì 28 (qui un’ampia sintesi dei lavori) sono stati approfonditi tutti i temi sul tappeto. Anzitutto la vergognosa e criminale pagina coloniale dell’Italia in Etiopia e la sostanziale rimozione che ne è seguita; poi la consapevolezza dell’evoluzione del fenomeno migratorio e della dinamica demografica, che di riflesso chiama l’Italia, l’Europa e l’Occidente ad agire per cambiare il prima possibile il modello di prevaricazione e dominazione che ha caratterizzato i decenni post-coloniali. Ancora, collegata a questo, la necessità di tenere la parola data destinando lo 0,7% della ricchezza nazionale ai programmi di sviluppo (la campagna 070 punta proprio a far entrare il tema nell’agenda politica). E poi, sul campo, il ruolo delle ong che possono essere una parte della soluzione al problema migratorio grazie alla loro presenza nei territori di partenza. E se la decolonizzazione si fa nella pratica, ecco l’importanza della partnership con le comunità locali, elemento essenziale della natura stessa delle ong. Come anche l’importanza del trasferimento delle abilità ai referenti locali (capacity building) e il supporto nella costruzione di una classe politica africana che ascolti davvero le proprie popolazioni e, superando il fallimento delle élites che con poche eccezioni hanno malamente governato negli ultimi decenni, agisca per dare una risposta alla forte frustrazione sociale di un continente – l’Africa – che rimane il solo al mondo in cui povertà e denutrizione continuano a crescere.

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