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Incontri da un viaggio: l’importanza di esserci

Incontri da un viaggio: l’importanza di esserci

18 Gennaio 2024

Ci sono tante cose belle nel fare cooperazione internazionale, ma ce n’è una in particolare che allarga il cuore: è quella di stare con le persone, di vivere con la gente, di stabilire cioè un rapporto con le comunità nel cui territorio i nostri progetti nascono e si sviluppano. E’ un’attività fatta con le comunità locali ed insieme ad esse, nel rispetto del contesto, della lingua locale, delle radici culturali e religiose: un metodo di lavoro fondato dunque sulla collaborazione, che chiama in causa naturalmente anche le istituzioni civili e religiose. Perché cooperazione – lo abbiamo rimarcato durante la nostra iniziativa “Chukuana”– è “sostenersi reciprocamente”, ed è questa cooperazione tra i popoli ad essere alla base dello sviluppo.

Noi ci siamo: una presenza continua

E’ per questo motivo che, oltre alla stabile presenza in Tanzania dei propri cooperanti (in questo momento ci sono Kitula, Valentina, Elisa) e oltre alla presenza dei giovani che vivono per un anno l’esperienza del Servizio Civile Universale all’estero (in queste settimane c’è un bando aperto per 16 volontari) e dei Corpi Civili di Pace (è in corso l’anno di Alessandra, Camilla, Giorgia e Prisca), una delegazione di Comunità Solidali nel Mondo si reca, dall’Italia, per due volte l’anno in Tanzania, trascorrendovi in totale oltre un mese: periodo durante il quale è possibile rafforzare le relazioni già avviate e intraprenderne di nuove.

Un nuovo vescovo: c’è festa a Njombe

E’ accaduto così anche per uno dei nostri partner storici, la diocesi di Njombe, che proprio nei giorni scorsi ha vissuto un giorno di festa in occasione dell’insediamento del nuovo vescovo cattolico, Eusebio Samwel Kyando. Quello della diocesi è un territorio, situato nella parte sud-occidentale della Tanzania, popolato da circa 800 mila abitanti, un terzo dei quali di fede cattolica. E fra le tante località comprende anche Wanging’ombe, il luogo da cui – per noi di Comunità Solidali nel Mondo – tutto è partito, essendo iniziato proprio lì il nostro primo impegno in Tanzania.

Ebbene, dopo oltre due anni di sede vacante (successiva alla morte del vescovo Maluma), papa Francesco ha chiamato alla guida della diocesi Padre Eusebio Kyando, che proprio a Njombe è nato quasi 60 anni fa e che già nell’ultimo biennio era stato incaricato di ricoprire il ruolo di rappresentante dell’Amministratore Apostolico che reggeva temporaneamente la diocesi in attesa di un nuovo vescovo. Domenica 14 gennaio 2024, giorno del suo insediamento ufficiale, si è respirata un’atmosfera di festa in città, con danze e balli tradizionali che hanno accompagnato la solenne liturgia che ha segnato il suo ingresso in diocesi.

“Aiutiamo le persone ad uscire dalla povertà”

Lo avevamo incontrato, qualche settimana fa, proprio in occasione di una delle nostre periodiche missioni in Tanzania: in quella circostanza, al nostro presidente Michelangelo Chiurchiù aveva raccontato i suoi intendimenti per il prossimo futuro. “La mia prima preoccupazione – aveva detto – è di tipo pastorale: dobbiamo avere delle parrocchie che siano più vicine alle persone, così che esse possano ricevere e vivere il Vangelo.” Ma aveva rimarcato – “per poter ricevere la Buona Novella le persone devono essere nella condizione di farlo e per questo il secondo pensiero va alle attività di carattere sociale, delle quali abbiamo grande bisogno e che già il nostro precedente vescovo aveva contribuito a rafforzare. Occorre lavorare ancora per il potenziamento di queste attività capaci di dare autonomia alle persone, e penso soprattutto alle donne che nel contesto africano devono impegnarsi duramente per il proprio sostentamento e per quello delle proprie famiglie”. Ancora, diceva il Vescovo Eusebio Kyando, “abbiamo bisogno di proseguire il lavoro nel campo dell’educazione, assicurandoci di fornire, attraverso le nostre scuole, una buona istruzione ai nostri bambini provenienti da famiglie povere, e di salvaguardare l’attività di riabilitazione sanitaria portata avanti dall’ospedale che in modo accurato porta aiuto a tanti bambini con disabilità con un’attività che viene supportata anche dall’Italia, un sostegno per il quale sono molto grato. La nostra” – aveva concluso il Vescovo – “è davvero una Chiesa dei poveri, ma il nostro compito è anche quello di aiutare le persone ad uscire dalla povertà, sostenendole nei diversi modi possibili, tutti insieme. Il nostro impegno in tal senso è assicurato”.

Lezione di fraternità

L’ultimo viaggio in Tanzania – fra le tante altre cose – ci ha permesso anche di vivere un’altra situazione singolare in cui ancora una volta a risaltare è stato l’approccio di apertura tipico della cultura africana. E’ accaduto quando il nostro presidente ha ricevuto l’invito dal Rettore dell’Università Cattolica Saint Francis (SFUCHAS) di Ifakara a partecipare alla Graduation, cioè alla cerimonia di proclamazione della laurea dei giovani dell’Università. Per noi un riconoscimento d’onore a suggello di una collaborazione tra Comunità Solidali nel Mondo e l’Università Saint Francis che dura da anni e che si è tradotta nell’attività di formazione che i professori della SFUCHAS stanno promuovendo in dieci regioni, rivolta ad oltre 300 medici e operatori sanitari sul tema della diagnosi e cura dell’epilessia.

Caratterizzato da rituali solenni, il cerimoniale assomiglia molto a quello che avviene nelle superbe e severe Università inglesi: toghe, processioni, discorsi ufficiali… e infine festa! Una cosa in particolare ci ha colpito. Tutti gli interventi delle autorità presenti – dal Rettore ai Vescovi – sono iniziate con delle formule di saluto a cui tutti hanno subito risposto coralmente:

– Tumsifu Yesu Kristu. (Sia lodato Gesù Cristo)
– Milele Amina. (Sempre sia lodato).
E’ il convenzionale saluto che si rivolgono tra loro gli appartenenti alla comunità cattolica.

– Bwana Yesu Asifiwe. (Sia lodato il Signore Gesù)
– Amina. (Amen)
E’ Il saluto che si scambiano i luterani.

– As-Salam Alaikum. (Che la pace sia su di te)
– Wa-Alaikum as-Salam. (E su di te sia la pace)
Il saluto che si scambiano i musulmani.

Niente di più naturale, niente di più semplice: e il tutto in un evento ufficiale dell’Università Cattolica, alla presenza perfino del Vescovo della diocesi di Ifakara e del vescovo rappresentante della Conferenza Episcopale tanzaniana!

E’ il segno evidente che prima di un’appartenenza religiosa stretta, il cittadino tanzaniano sa di essere legato ad altri fratelli ed altre sorelle che hanno altre fedi. Il messaggio, una volta di più, è rivolto alla nostra vecchia Europa appesantita ancora da incomprensibili e anacronistici steccati. C’è davvero – crediamo – ancora molto da imparare dalla cultura africana. 

La vera cooperazione allo sviluppo

Questi incontri, e i moltissimi altri che viviamo in occasione dei nostri viaggi in Tanzania, ci confermano nella bontà della strada di una cooperazione internazionale incentrata sull’incontro e sulla relazione, per fare in modo che davvero le comunità locali siano protagoniste del loro proprio sviluppo e possano esprimere pienamente nei fatti la loro esigenza di autonomia e autodeterminazione. Solidarietà e collaborazione tra i popoli sono i pilastri di una vera cooperazione allo sviluppo: questo è sempre stato il nostro impegno, questo continua ad essere anche oggi. 

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