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Riabilitazione CBR a Dar e Mbeya, i risultati del progetto con UBI

Riabilitazione CBR a Dar e Mbeya, i risultati del progetto con UBI

24 Marzo 2025

Circa sei mila trattamenti terapeutici effettuati nei Centri di riabilitazione CBR di Dar es Salaam e Mbeya, più altre 900 terapie a bambini o adulti raggiunti tramite le visite domiciliari, con tre mila incontri di counseling ai caregivers, che hanno ricevuto formazione e orientamento. Sono alcuni dei numeri complessivi che raccontano i risultati raggiunti dal progetto “Supporto ai minori con disabilità e parte del programma di Riabilitazione su base comunitaria (CBR) a Mbeya e Dar es Salaam in Tanzania”, attuato congiuntamente grazie al finanziamento dell’Unione Buddhista Italiana e al contributo di ComSol e dei suoi donatori privati. Il progetto, che è rimasto attivo per l’intero anno 2024 e il primo bimestre 2025, ha supportato le attività di riabilitazione su base comunitaria presso i centri di Mbeya e Dar es Salaam, a beneficio di bambini e ragazzi con disabilità, e delle rispettive famiglie. Un impegno che, dati alla mano, ha facilitato l’accesso ai servizi riabilitativi e sanitari per le persone più marginalizzate che vivono nel Distretto di Kinondoni a Dar es Salaam o nella città di Mbeya.

Le attività dei Centri di riabilitazione: un percorso dettagliato

Le attività dei Centri di riabilitazione prendono sempre avvio da una valutazione iniziale del bambino o dell’adulto da parte dello staff medico e riabilitativo, con un approccio multidisciplinare che chiama in causa il medico, il fisioterapista, il terapista occupazionale, la speech therapist e il nutrizionista. Si tratta di raccogliere sia i dati anamnestici sia i piani riabilitativi individuali, che poi saranno gradualmente aggiornati per accompagnare eventuali variazioni e mutamenti nello stato psicofisico di ciascun paziente. In parallelo, l’assistente sociale e lo psicologo effettuano un inquadramento socio-economico della famiglia d’origine del nuovo paziente, in modo da valutare il contesto di provenienza, comprese le dinamiche relazionali interne e la disponibilità economica familiare. Informazioni utili per garantire poi un’effettiva e continuativa presa in carico. La valutazione riguarda anche, nel caso di bambini e adolescenti, il grado di inserimento sociale a scuola.

Sotto questo versante il progetto finanziato da ComSol e UBI ha avuto il merito di rafforzare questa attività fornendo, in entrambe le sedi di progetto, le risorse economiche necessarie per poter contare su un ulteriore apporto di figure professionali fondamentali, fra medico, segretaria, psicologo, assistente sociale, fisioterapisti e terapista occupazionale. 

Le terapie nei Centri e a domicilio

La stesura del piano riabilitativo individuale del paziente dà avvio alle necessarie terapie, che vengono erogate nella sede principale del Centro o nei centri satellite più periferici (dunque per Dar es Salaam a Kawe e poi a Bunju, Goba, Kibamba, Kigamboni e Kimara; per Mbeya a Iyunga, Uyole e Simike). Quando i pazienti non sono in grado – per motivi logistici e/o economici – di raggiungere autonomamente la sede del Centro di riferimento, viene attivato un servizio di terapia a domicilio: un’équipe multidisciplinare si sposta cioè fin nei luoghi più remoti per poter garantire al paziente, direttamente a casa, il necessario trattamento riabilitativo.

Anche in questo caso le figure supportate da UBI, come il medico, l’assistente sociale, lo psicologo e i fisioterapisti sono stati fondamentali perché hanno portato avanti gli screening mensili durante tutto il periodo del progetto, supportati dal segretario e dal coordinatore di progetto che hanno organizzato e monitorato il lavoro. Anche le attività di “outreach” (dunque le visite domiciliari) hanno ricevuto nuova spinta grazie alla copertura delle spese garantite dal progetto UBI: la distanza delle destinazioni nonché la connotazione impervia delle vie di comunicazione tanzaniane ha reso infatti necessario sostenere costi non indifferenti per il carburante e per la manutenzione e l’assicurazione dei veicoli.

Il follow-up per seguire il paziente

Parte integrante dell’attività dei Centri CBR è il follow-up riabilitativo che viene effettuato ogni tre mesi, con una valutazione del percorso personale compiuto dal paziente, e, se ritenuto necessario, una modifica del programma terapeutico. Un follow up telefonico è operato anche dal dipartimento dei Servizi sociali del Centro (assistente sociale, psicologo clinico, eventuali tirocinanti) che segue costantemente le famiglie dei pazienti, monitorando la loro affluenza al Centro e intervenendo prontamente laddove si verifichino situazioni critiche che possano compromettere la regolare erogazione dei servizi di riabilitazione ai piccoli pazienti. Anche grazie al rafforzamento reso possibile da questo progetto, è cresciuto il numero di interventi: solo al Centro A.Verna Kila Siku di Dar, ad esempio, nel corso del periodo del progetto UBI sono state effettuate oltre due mila attività di follow up telefonico.

Il counseling psicologico ai caregivers 

L’attenzione alle famiglie si concretizza anche in attività di counseling psicologico a supporto di quei caregivers che manifestino situazioni di difficoltà, con particolare riferimento alle sfide quotidiane relative all’aspetto della genitorialità. E’ un’attività particolarmente delicata, ma che incide in misura forte sulla vita delle persone. Nell’ambito del progetto UBI sono stati eseguiti 1.600 interventi di counseling ai caregivers nel Centro di Dar es Salaam e quasi 1.400 nei Centri Simama di Mbeya.

La formazione ai caregivers

Più in generale, presso i Centri CBR genitori e caregivers sono destinatari di vere e proprie sessioni formative su diverse tematiche, dalla riabilitazione alla malnutrizione, che forniscono conoscenze pratiche da applicare proprio nella gestione e nella cura dei minori che sono sotto la loro tutela. I training trattano sia argomenti generali (l’inclusione delle persone con disabilità all’interno della società, l’importanza della riabilitazione, ecc.), sia temi più specifici come quello relativo alla gestione della malnutrizione. 

Nello specifico, nel corso dei 14 mesi di progetto, sono stati organizzati dieci incontri sui temi della Community Based Rehabilitation (CBR) con focus sull’imprenditorialità, dando la possibilità ai partecipanti – 15 quelli coinvolti – di sviluppare competenze circa i temi di marketing e di business. L’obiettivo era quello di poter gestire un’attività commerciale in autonomia e garantire così un’entrata ai caregivers (soprattutto mamme) dei bambini con disabilità che frequentano i centri Simama CBR nei quartieri di Uyole, Iyunga e Simike. Alcune fra queste donne, beneficiarie della formazione, hanno intrapreso la strada per l’avvio di una loro attività, dando prova dell’utilità e della sostenibilità del progetto.

La formazione professionale e la sensibilizzazione esterna ai Centri

L’aspetto formativo è parte imprescindibile dell’intero programma di azione dei Centri CBR, e infatti non si limita ai caregivers ma è esteso – con le opportune variazioni – anche ad altre categorie: i lavoratori del Centro, anzitutto, destinatari di programmi di formazione professionale mirati ad accrescere le loro competenze e dunque la qualità dei servizi offerti, e poi anche soggetti esterni al Centro, come ad esempio insegnanti e studenti delle scuole, coinvolti in attività di sensibilizzazione e formazione, per promuovere una maggiore consapevolezza sulla disabilità e sull’inclusione. Su questo stesso filone si innestano gli eventi di sensibilizzazione verso la comunità locale e le attività di confronto e scambio con le istituzioni locali.

RIspetto alla prima tipologia, possiamo segnalare a Mbeya l’attività formativa che ha riguardato nello specifico 16 Community Rehabilitation Workers (CRW’s), che hanno ricevuto un training incentrato sulla terapia cognitiva, ambito di conoscenza assai poco considerato in Tanzania. Le CRW’s hanno approfondito il tema con lezioni teoriche e pratiche: nello specifico sono state affrontate le problematiche legate alla speech therapy, alla paralisi cerebrale e all’ADHD, presente nella maggior parte dei bambini che frequentano i Centri Simama.

Rispetto alle attività svolte con le scuole, fra le altre è da segnalare il coinvolgimento – in questo caso siamo a Dar es Salaam – di circa 650 studenti e dei loro insegnanti, con sessioni interattive sui diritti delle persone con disabilità, sulle buone pratiche per l’inclusione scolastica e sull’importanza di abbattere stereotipi e pregiudizi. 

Ancora a Dar es Salaam, a rappresentare un esempio di evento di sensibilizzazione alla comunità locale tutta è possibile citare la marcia organizzata nel mese di giugno, in occasione della Giornata mondiale del bambino africano, che ha portato bambini e famiglie del Centro Antonia Verna, accompagnati da una banda musicale, a sfilare in centro esibendo cartelli creati dai bambini stessi per l’occasione, che citavano slogan utili a richiamare l’attenzione sulla tematica dell’inclusione scolastica e sociale dei bambini con disabilità (“Noi bambini siamo tutti uguali”, “Ho il diritto di andare a scuola”, ecc.). Una marcia, organizzata in collaborazione con il governo locale, conclusasi con un momento di musica e rinfresco che ha coinvolto una parte numericamente importante della popolazione locale.

Un progetto che ha aiutato le famiglie più in difficoltà

A conclusione di questo progetto, sostenuto sia dall’Unione Buddhista Italiana sia da ComSol grazie ai suoi donatori, appare evidente come esso abbia permesso di svolgere o di rafforzare attività particolarmente importanti per dei luoghi in cui i servizi collegati alla salute sono generalmente carenti e comunque molto costosi. Anche per questo, i beneficiari del progetto sono state soprattutto persone con basso reddito familiare, che hanno così avuto accesso a servizi altrimenti a loro inaccessibili. 
Al tempo stesso, in entrambe le sedi di Mbeya e di Dar es Salaam, attività come le terapie domiciliari e le formazioni ai caregivers hanno ricevuto – grazie al progetto UBI – un’importante spinta che ha permesso di raggiungere numerosi beneficiari e di includere nei lavori anche le istituzioni locali, con ripercussioni importanti anche in prospettiva futura. E’ stato così piantato anche un seme di futura collaborazione con la realtà locale, in modo da rendere costanti nel tempo i progressi ottenuti nel corso dei 14 mesi nei quali si è sviluppato l’intero progetto.

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