
Festo, il ragazzo che sfida se stesso
Svolgere il Servizio Civile Universale all’estero è un’esperienza che impegna fortemente i volontari, da tutti i punti di vista. Partire e vivere in una realtà totalmente altra da quella alla quale si è abituati rappresenta una notevole sfida per se stessi. Ma di sfide, durante il Servizio Civile, se ne incontrano tante: non solo le proprie, ma anche quelle delle persone che si conoscono e che diventano parte della propria quotidianità. E’ ciò che è accaduto a Maria Chiara, volontaria del Servizio Civile a Mbeya, in Tanzania: lei ci racconta di un ragazzo quattordicenne, di nome Festo, incontrato nel centro di riabilitazione di Iyunga: lui ogni giorno si mette alla prova e “affronta sfide incredibili”. Ecco il suo racconto.
Festo Bahati Mwahalende
di Maria Chiara Grasso, operatrice volontaria SCU 2024/25
“Jitaidi”, in Swahili, significa “sfida te stesso”. Questa parola, che ho imparato durante la mia esperienza di servizio civile in Tanzania, è molto più che un semplice incoraggiamento. È un concetto che si fa carne e ossa nella vita di chi, come Festo, ogni giorno affronta sfide incredibili.
Festo è un ragazzo di 14 anni che ho avuto il privilegio di incontrare al centro di riabilitazione (che frequenta dal 2016) di Iyunga, a Mbeya, una città situata nel sud-ovest della Tanzania. Festo viene da Inyala, un piccolo villaggio periferico distante circa un’ora dal centro, e ogni giorno affronta il viaggio con la madre, a bordo di un bodaboda, una moto che utilizza come mezzo di trasporto principale. Festo, che ama particolarmente questo viaggio, vive con la mamma, il papà agricoltore, e le sue tre sorelle.

Festo è affetto da una paralisi cerebrale infantile emiplegica, che colpisce soprattutto il lato destro del corpo ed è secondaria ad epilessia. Le sue condizioni sono molto severe: ha un ipertono significativo nella mano e nella gamba destra, e le articolazioni di questo lato sono molto rigide. Nonostante ciò, la sua capacità di movimento non è nulla di meno che straordinaria.
La prima volta che l’ho visto al centro, sono rimasta senza parole. Era difficile credere che un bambino con una condizione così grave fosse capace di fare così tanto. Festo riesce a sollevarsi da terra da solo, anche se a volte cade, ma si rialza sempre con determinazione. Cammina lentamente e con fatica ma riesce addirittura a salire le scale, tenendosi al corrimano con la mano sinistra, quella che riesce a muovere e stringere meglio. Non si arrende mai e, nonostante le difficoltà, continua a mettersi alla prova, un passo dopo l’altro.
Ogni giorno, il suo programma di riabilitazione inizia con esercizi per mobilitare le articolazioni, ridurre le retrazioni e lavorare sull’ipertono. Dopo gli esercizi, Festo affronta la rampa di scale, impiegando un po’ di tempo ma a lui non importa, ogni tanto si ferma per riposare e poi riparte. Poi, sebbene non ne abbia davvero bisogno, cammina un po’ usando il girello, che lui chiama “bicicletta”, perché lo adora e gli piace molto guidarlo. È sorprendente come abbia raggiunto un quasi totale autonomia nelle attività di vita quaotidiana grazie alla fisioterapia. Vederlo mi fa ancora di più capire quanto bello sia il mio lavoro e come riesce a migliorare la vita delle persone.

Festo è un bambino vivace e socievole, ha un bellissimo rapporto con le lavoratrici del centro, con cui ride e scherza sul fatto che sono “monelle” perché gli fanno un po’ male durante la fisioterapia o sul fatto che non ricorda per finta i loro nomi. La cosa che mi ha colpito di più di Festo, però, è il suo sorriso. È un sorriso che non si spegne mai, nemmeno nei momenti di fatica o quando cade. È un sorriso furbo.
Festo, con la sua forza di volontà, è l’esempio perfetto di cosa significhi “sfidare se stessi”. Non importa quanto gravi possano essere le difficoltà o quanto difficile possa sembrare un obiettivo, che sia salire sulla moto, alzarsi dal materasso o salire un gradino, con determinazione e coraggio, si può sempre superare ogni barriera, anche quelle architettoniche che la Tanzania presenta.
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