
Capodarco e Comsol, un legame che genera frutti
di Michelangelo Chiurchiù, presidente di Comunità Solidali nel Mondo
Non tutti gli amici di Comunità Solidali nel Mondo (ComSol) hanno conosciuto don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco. È scomparso il 27 maggio scorso a 94 anni.
Un personaggio che entra a pieno titolo nella storia della nostra Associazione. Chi scrive, oltre ad essere presidente e fondatore di ComSol, ha vissuto a lungo la storia di Capodarco, assumendo gli elementi che poi sono stati fondativi della nuova realtà.
Quali sono dunque i “piloni” che sostengono il ponte che collega Capodarco a ComSol?
- Il protagonismo delle persone con disabilità
Capodarco è nata contro l’assistenzialismo e il pietismo, in alternativa agli Istituti dove le persone “ricoverate” erano escluse dalla scuola, dal lavoro, dalla vita sociale. A Capodarco le persone con disabilità hanno formato gruppi famiglia che hanno accolto a loro volta altre persone con bisogni, hanno costituito cooperative di lavoro, hanno formato famiglia aperte. Non a caso molti “comunitari”, dopo la morte di don Franco, hanno scritto la loro testimonianza commovente: “Grazie don Franco che mi hai ridato una seconda vita!”.
- Lo stimolo alle Istituzioni pubbliche
L’esperienza avviata a Capodarco – comunità di vita, cooperative di lavoro, servizi – sono stati utili per stimolare le Istituzioni pubbliche a offrire risposte inclusive e su vasta scala alle persone con disabilità attraverso nuove leggi e l’avvio di servizi innovativi. Valga per tutti il DPR 970-1975 (la cosiddetta legge Falcucci) che abolisce le classi differenziali prevedendo l’insegnante di sostegno; la legge 381/ 1991 sulle Cooperative sociali che offrono possibilità di inserimento di persone con disabilità; la legge 68/1999 “Norme sul diritto al lavoro dei disabili”.
Ebbene, sono leggi e provvedimenti che si ispirano a ciò che nella Comunità di Capodarco era stato sperimentato e che aveva dato molto frutto!
- Giovani coinvolti nella condivisione
Il coinvolgimento dei giovani nella vita di comunità insieme alle persone con disabilità ha fatto scomparire il paradigma assistente-assistito. Capodarco è stato il primo ente ad accogliere gli obiettori di coscienza dopo l’approvazione della legge e ha dato la possibilità a migliaia di ragazze e ragazzi di vivere un’esperienza di vera condivisione a fianco a persone con i bisogni. Da questa esperienza sono nate centinaia di vocazioni e professionalità di servizio.
- La dimensione internazionale
Con lo slogan “Il povero aiuta il povero” nel 1992 nasce la CiCA – Comunità Internazionale di Capodarco – con le prime attività in Ecuador. Da questi progetti, estesi poi in Albania, in Camerun e in altri Paesi, sono nate comunità e servizi a minori a donne e a persone con disabilità che hanno ridato speranza. ComSol ha tradotto nella realtà africana questa ispirazione e questi principi, coniugandoli con la cultura locale e con le leggi del Paese che ci ospita. Anche in Tanzania con altre parole e con silenzi eloquenti da parte di molte mamme, di bambini con disabilità, di persone deprivate dei loro diritti abbiamo percepito ciò che i comunitari di Capodarco hanno scritto in questi giorni: “Grazie perché ci avete ridato una seconda vita”.
Il ricordo pronunciato in occasione del funerale di don Franco.
Fermo, 29-maggio–2025
Ognuno qui ha il suo ricordo e la sua storia con don Franco: tante persone diverse che hanno avuto una relazione o un’intesa con lui. Un po’ come gli Apostoli dopo la Pentecoste come ci raccontano gli Atti: “Siamo Parti, Medi, Elamiti, Ebrei, Arabi …e sentiamo ciascuno parlare alla nostra lingua!”
Abbiamo riconosciuto in don Franco la capacità di comunicare al di là delle ideologie. Per il primo maggio del ’69 a Capodarco lanciò la festa invitando tutte le forze politiche: democristiani, socialisti, comunisti. E fu festa!
Non a caso sul portone d’ingresso della villa ricordo ancora un cartello: “Casa Papa Giovanni è la casa di tutti: Entra pure!”
Un giorno stavamo insieme e gli chiesi: “Ma tu don Frà, ci credi ai miracoli?” Lui in silenzio aprì la Bibbia che aveva sul tavolo e lesse Isaia 35: “Dite agli smarriti di cuore: Coraggio non temete! Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, si apriranno gli occhi dei ciechi, lo zoppo salterà come un cervo…!” Ecco – mi disse – noi in comunità li vediamo ogni giorno i miracoli. La Comunità non è opera dell’uomo e opera di Dio”.
Don franco era profeta e ha interpretato con determinazione la parola dei profeti.
Vorrei concludere infine con un’ultima riflessione.
Come vengono chiamati nella Chiesa coloro che fanno i miracoli, che aprono la Comunità a tante sorelle e fratelli lontani, che testimoniano la loro fede attraverso una carità feconda? Santi! La chiesa li chiama e li vuole santi!
Io ho l’intima convinzione di aver conosciuto in don Franco un santo! Non certo quella santità che ci viene proposta attraverso le immagini patinate così disincarnate e astratte che sembra di avere a che fare con degli angeli e non con donne e uomini veri. In 49 anni di comunità di cui 22 a contatto quotidiano con lui ho conosciuto le sue sfuriate, le sue passioni, le sue fragilità e i suoi errori; ma ho anche apprezzato quella forza, quella fede e quell’energia che ti fa esclamare: “Veramente era un uomo di Dio!”
Ringrazio il Signore.
Grazie don Franco
Michelangelo Chiurchiù